giovedì 30 settembre 2010

Questa volta si capisce che sei tu

E vorrei chiamarti a volte. Anche solo per parlarti all’orecchio, senza che tu dica nulla in un monologo o un soliloquio a seconda che la definizione sia quella giusta, sia quella in cui un ascoltatore da qualche parte è pur presente in scena, anche se non può parlare perché non ha uno spazio proprio dove poterlo fare. Raccontare di quando mi piace sentirmi chiamare al supermercato, che invece è una mamma chiama il suo bambino, che prima mangiava e rideva un pezzo di parmigiano. E dell’altro giorno quando appena arrivati all’agriturismo, nella vecchia stanza di un mulino, un gruppo di anziani pranzava in fondo alla sala davanti a una tv parlando di racconti partigiani che a fargli una foto sembrava una piccola scena domestica privata. E cercarti su google, riempire il campo “simile a” e “nelle vicinanze di” e ricevere come risposta “forse stavi cercando: la solitudine al 50% di sconto” e averti fatto sorridere davvero almeno una volta, senza l’utilizzo di programmi di fotoritocco. E sciogliersi in elenchi di proposizioni rette da un infinito presente solo per esercitarsi nello stile delle centrali elettriche, scrivere a carattere 72 per non farsi influenzare da nulla che non siano le dieci parole scritte in precedenza. In quei giorni andava di moda farsi un bicchiere di caffè doppio da consumare durante la giornata per averci gli occhi giganti e il cuore acceso e niente di completamente immobile in corpo. Confessarti ridendo di non aver mai conosciuto una persona che se la prende per motivi così scemi, e quanto questo sia riuscito a limare nel tempo la mia fottuta apprensione da neo-genitore-pre-pensionato. Amare così tanto gli scrittori francesi da volerne imparare la lingua. E che la prima cosa che insegnano di una lingua sono i numeri. Come se davvero fosse poi così importante quantificare. Come se poi fosse davvero importante salutare François o un suo amico biondo. Se poi davvero fosse utile rimanersene chiusi in casa a comprimere lo spazio dando una maggiore importanza voluttuosa al tempo. Farsi bastare una tovaglia piegata in quattro e appassionarsi in pareri non richiesti sulla possibilità di parcheggi in divieto di sosta. Siccome sono troppo scrupoloso per rubare un cartello stradale e macchiarmi di un qualche crimine federale un giorno ne compro uno e lo appendo in camera. Progettare messaggi di auguri per la nuova casa. Inviti a soffermarsi su ogni quadrato di muro, ogni mensola vuota. In attesa che durante l’anno si riempia gradualmente improvvisa di senso e di storia e di ricordi. Parlarti dei progetti di sconvolgimenti letterari, di tecniche ai limiti della comprensione coadiuvate da crolli grammaticali ed elisioni sintagmatiche. Oltre Giacomo della gioia o della signora Lupo. Che a volte la finestra sul retro si affaccia sull’unico pezzo di città sereno, che sono lontano come Parigi, anche se ancora non ho mai visto Londra. Dei miei disordini architettonici infantili di cuscini e coperte. Capire perché lo facevamo. Capire perché lo facciamo ancora, e con materiali metaforicamente diversi. Imparare ad abbracciare gli oggetti convessi senza anchilosarsi una caviglia e senza schiacciare troppo il volto contro il vetro sporcandolo di respiri caldi e curiosità. E i paradossi stoici sul divenire dei conigli parlanti. E i libri consigliati da attori balbuzienti, ciechi ed obesi. E gli esercizi di stile con cui riproporrò le mie stesse parole cambiando tutto ciò che le circonda. Che poi forse metà della comunicazione dipende da quello, e l’altra metà dal tipo di scarpe che indossi. Tu ascolteresti tutto ciò. Intervallando i miei silenzi parlando dei compiti di matematica di due anni fa’. Tirando su col naso o colpi di tosse solo per disturbare i miei film mentali. Masticando uva bianca prima che anch’essa diventi fuori stagione.

5 commenti:

Dolly Bons ha detto...

bellissime parole!

Nico ha detto...

già. la menzogna è nelle cose,
non nelle parole.

Dolly Bons ha detto...

pensavo che parole così belle potessero essere solo vere...

Nico ha detto...

massi si. di solito alcune parole mi escono fuori proprio a caso, sta volta sono stato pertinente :)

Rosibetti Rubino ha detto...

Mi piace un sacco. Essenziale, quasi criptico, denso di senso.
Ogni parola.