giovedì 25 marzo 2010

ETEROLAVAGGI


C'E' UN TRAPANO NELLA VASCA DELLO SCIACQUONE una serranda si srotola di continuo chissà quando finisce corri a dormire corri, la serranda finirà di srotolarsi e il trapano dentro la vasca dello sciacquone, c'è davvero questo rumore. si chiama frequenza di risonanza non è un trapano. ma è comunque nella vasca dello sciacquone, c'è un meccanismo dentro che quando l'acqua raggiunge un certo livello aziona un certo interruttore e l'afflusso di acqua si blocca. se non ci fosse questo congegno l'acqua affluirebbe di continuo inondando il resto del bagno, gli spazzolini galleggerebbero insieme agli spazzoloni e l'unico posto sicuro sarebbe l'oblò della lavatrice, o la vasca del detersivo per chi soffre l'umidità. c'erano delle lavatrici giganti un bellissimo posto, peccato averlo scoperto solo ora. silenzio da sala d'aspetto. sedie da sala d'aspetto. giornali da sala d'aspetto. però è una lavanderia a gettoni. sono entrato per lavarmi. nel frattempo leggevo un libro. c'è molto da aspettare in posti del genere leggevo un libro di erri de luca, in un racconto lui leggeva un libro di Celine quindi voi ora state leggendo di me mentre leggevo erri de luca che leggeva celine il bello è che se in questo momento mi fermassi a rileggere l'ultima riga per correggere gli errori voi stareste leggendo di me che leggo di voi che leggete di me che leggevo erri de luca che leggeva celine che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò. vorrei che i poeti maledetti si fossero devastati il fegato con il fritto invece che con l'alcool. sarei l'erede di Baudelaire. le Kid Smile sarebbero il mio Absynte. pazienza ormai è andata così, che il fritto fa ingrassare e il posto in cui ero faceva riflettere. c'era un silenzio da insonorizzazione, neanche il cambiamonete si azzardava a parlare, neppure per un grazie quando gli ho infilato in bocca 5 euro. un posto da parlarci con qualcuno, per parlarci di cose profonde, per parlarci da solo, darsi una ripulita che alle pareti ci sono anche i poster con le istruzioni. accompagnati dal rumore della lavatrice in fase di decollo o semplicementre nutrice a cullare dentro di se il bucato con un sommesso sciabordio. nei dieci minuti del lavaggio mi raccontava una storia, la storia del rumore di fondo, che c'è da sempre, lo sentiamo da quando siamo nati e quindi lo scambiamo per silenzio, ci hanno insegnato a chiamarlo così. beh una volta non c'era. una volta c'era il silenzio vero. quello che è talmente silenzio che riesci a sentire addirittura il bisbiglio dei tuoi pensieri. il sussurrare dei pensieri altrui. si comunicava così, totalmente. figurarsi che la gente iniziò a parlare a voce alta per il solo motivo di coprire il rumore dei pensieri, quando in preda a un qualche motto d'ira non voleva ascoltare gli altri, o ascoltarsi. passati dieci minuti inizia il turbine del risciacquo, e io del resto della storia non riesco a conoscere molto altro. è che magari un giorno è comparso questo rumore di fondo niente più pensieri. Solo le parole, nate come puro strumento di confusione, riuscivano ad emergere da quel silenzio fittizio e allora ci si è un po' arrangiati. quelle c'erano, e con quelle si è cercato di comunicare

mercoledì 10 marzo 2010

Viaggio al terminal della notte

"che ho fatto di male?!" pugni a rimbombare sulle serrande abbassate "DIMMI CHE HO FATTO DI MALE?" l'altra camminava avanti. i capelli a coprire gli occhi, le lacrime a caderci. sguardo in avanti.all'angolo successivo cambia l'inquadratura, una ragazza corre inciampando con un pannello di cartone in mano, l'altra la segue. languida con una scarpa in mano.asfalto nylon pelle.la licenza del locale era intestata a un tizio di Damasco. il freddo si spingeva oltre le porte. il caldo, strenuamente difeso da una tiepida fiamma di cottura, si sporgeva appena oltre il bancone. i gesti erano sempre gli stessi. che ad averci ancora un po' di tempo li avresti acquisiti. involontariamente coinvolto nell'unico moto interiorizzabile della stanza. in piazza avevano messo una specie di metafora. un gioco da bambini, semplice binomio scaletta-scivolo altezza bimbo. più in la il delirio confuso e trasformato di una presunta tensostruttura ludica. una scala a ruotare sul proprio asse, sedili capovolti, arrampicate curve e corde, giusto qualche passo di equilibrio e un alto rischio di caduta. come dire, da piccoli la vita è un divertimento semplice e reiterato. a crescere le cose si complicano, escono fuori elementi dalla dubbia funzione, sicurezze annodate e obliquità incerte. tutto al di là del senso. anche la luce dell'alba non è male, i profili sono abbozzati e i volumi sfumati e internamente indistinti. il sole macchia di rosso qualche pezzo di nuvola. foto.

le scale devono essere della giusta misura, a farle troppo lunghe può capitare che sia sempre lo stesso piede a fare perno per il balzo in avanti, a farle troppo lunghe si rompe un certo equilibrio fisico-motorio consolidato. una gamba fatica a discapito dell'altra.