giovedì 20 maggio 2010

Diario: 20 aprile 1995


Ieri il mio papà mi ha regalato un regalo bellissimo. Me lo a portato quando è tornato da lavoro. Mi ha regalato un palloncino volante. Un palloncino volante è una specie di mongolfiera di carta stagnola colorata che vola. Non è proprio che vola come gli uccelli. Viaggia in su verso l’alto. Appena il mio papà l’ha lasciato si è subito arrampicato sul soffitto. Io non ci arrivavo a prenderlo. Il mio papà che è altissimo l’ha preso e me l’ha legato al polso. Mi ero dimenticato di dirlo che un palloncino volante ha un filo attaccato che si usa per tenerlo a terra . La mamma mi ha raccontato che un palloncino volante vola perché dentro ci soffiano dentro la stessa aria che c’è dentro il sole. Allora lui vorrebbe ritornarci nel sole. Ma io gli ho detto che se si avvicina troppo scoppia perché il sole è BOLLENTE! Comunque lo tengo sempre legato al mio polso perché non si sa mai. Dopo sono sceso ai giardinetti perché il palloncino doveva salutare il sole. Sulla panchina davanti alla rana saltellante c’era una ragazza seduta che piangeva. Io dondolavo sulla rana e gli chiedevo perché piangeva ma lei stava zitta muta e non diceva niente. Aveva la pelle bianca e un viso normale, dei capelli neri neri che gli coprivano gli occhi. Gli occhi non lo so di che colore erano perché erano coperti dai capelli però secondo me erano di colore blu, perché il blu è il mio colore preferito. Si beveva le lacrime con la bocca, come faccio sempre io quando la mamma non mi fa vedere la televisione dopo mangiato perché dice che fa male alla diggestione. Io non lo so che cos’è questa diggestione e allora piango perché voglio vedere i cartoni animati. Siccome non mi rispondeva sono andato alla fontanella a lavare il mio fazzoletto personale da raffreddore che è personale perché c’è scritto il mio nome e ci soffio il naso perché la mia mamma mi dice che se tiro su poi mi vanno le caccole in bocca e a me mi fanno schifo a mangiarle. Sono tornato alla panchina con il fazzoletto pulito pulito ma pieno di gocce, allora ho detto una bugia. Le bugie non si dovrebbero dire però se sono bugie buone forse se ci stai attento le puoi dire qualche volta. gli ho detto alla ragazza che poteva asciugarsi col mio fazzoletto, che però siccome avevo pianto tanto era bagnato zuppo di lacrime e che allora doveva smettere di piangere pure lei. Allora ha alzato la testa verso di me e ha tirato su col naso e io ho fatto una faccia un po’ schifata, ma non volevo che mi vedeva con quella faccia brutta, si spaventava e piangeva un'altra volta, allora gli ho detto che se voleva potevo lasciargli tenere un po’ il mio palloncino, bastava che non me lo faceva volare via e che era capace a sciogliere i nodi, perché io non sono capace neanche a fare il nodo delle scarpe e quando papà non mi vede mi infilo i lacci dentro i calzini così non se ne accorge nessuno. Allora la ragazza guardava il palloncino. Mi ha detto che era molto bello ma aveva paura di tenerlo perché ieri notte l’ha fatto volare via uno quasi come quello. Ed era per questo motivo che stava piangendo. Io gli ho detto che non era possibile. Perché i palloncini di notte non volano, perché di notte non c’è il sole e i palloncini volanti possono volare solo se vedono il sole e vogliono andare a trovarlo. Mi ha detto che quello era un palloncino strano. Non andava verso l’alto, FLUTTUUAVA (ha detto così) all’altezza della sua faccia. E mi ha detto pure che gliel’avevano legato troppo stretto al polso e che gli faceva molto male, allora lei lo ha sciolto un attimo per fare meglio il nodo, e quando l’ha sciolto in un secondo il palloncino aveva iniziato a salire e lei l’aveva perso. Gli ho detto che poteva fare un saltone lunghissimo e riprenderlo ma mi ha risposto che non valeva la pena, che il problema secondo lei era l’aria nel palloncino. Era l’aria ad essere sbagliata. Mi ha anche detto, con una faccia seria seria e la mano che mi accarezzava i capelli, che a volte la felicità è pesante. Io non ho capito che centrava la felicità coi palloncini volanti. E gli ho detto che magari non era colpa dell’aria ma del palloncino che non voleva volare. Io gliel’ho detto al mio palloncino che il sole è pericoloso e brucia, forse il tuo palloncino preferiva starsene tranquillo vicino alla terra, vicino a te a guardarti. Lei a un certo punto si è girata e ha smesso di guardarmi e di parlarmi. Poi la mia mamma mi ha chiamato dal terrazzo che era pronta la merenda. Allora io ho preso il palloncino e con impegno me lo sono slegato e l’ho attaccato alla panchina con il nodo più difficile che riuscivo a inventarmi, senza barare perché volevo stare tranquillo che non la lasciava sola e sono salito in casa a mangiarmi due fette giganti di pane olio pomodoro sale e un po’ di acqua per ammorbidire il pane.

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