giovedì 20 maggio 2010

Casualità Parallela Sincronizzata Condividi


Ci sono questi film in cui il protagonista non distingue la realtà dal sogno
Mi mettono un po’ d’ansia, se dovesse succedermi qualcosa del genere
Vorrei che ci fosse un sottotitolo in sovraimpressione
(si li dove di solito compaiono i numeri telefonici del televoto)
“ATTENZIONE: SOGNO”
Oppure un bollino. Blu. Con un bambino stilizzato che dorme
la solita immagine dei due che si incontrano sul marciapiede
teorizzata e sistematizzata: casualità parallela sincronizzata
ossia quando i due cambiano direzione nello stesso momento
e continuano a farlo ripetutamente
ciascuno in modo casuale, si ritrovano continuamente a intralciarsi la strada
“ti sei liberato del mio fantasma?”
È la voce di lei. Lui non sta ascoltando.
La risposta era un concetto. Davvero. Non bastava un’unità monosillabica.
Lo stomaco si era calmato presto. La testa macinava.
Proiettava un vecchio film. Nouvelle Vague. A proiettarlo in continuazione i fotogrammi sbiadivano.
Nuvole nella celluloide. All’ultima proiezione.
Intanto le mani scrivevano. Qualcuno ha detto che ogni volta che scriviamo un ricordo lo perdiamo.
In un qualche sequel della Storia infinita, a ogni desiderio espresso Bastian perdeva un ricordo.
E a me alla fine è rimasta solo una parola. Un nome. SOLO.
Come alla fine di Oceano mare. L’essenza.
Certe idee finiscono per allontanarsi dalla realtà. Quella l’aveva fatto.
O era proprio nata così, esule dal vero.
Non lo so a cosa pensa la gente quando non pensa a niente. Quando si lava i denti, quando riavvolge i rullini delle macchine fotografiche, quando dal parrucchiere tira indietro la testa per i lavaggio dei capelli e il parrucchiere fa è troppo calda? (l’acqua), quando aspetta il suo turno alla cassa (una volta dipanati eventuali dubbi sull’aver scelto o meno la coda più breve).
Io a volte quando non penso a niente penso a lei.
Che poi non è lei ma è una parola.
Una specie di telo sullo sfondo. Lo vedi quando non c’è niente da vedere.
Altrimenti vedresti quello che c’è dietro. Il nulla o qualcosa di simile.
Non che mi spaventi pensare al nulla. A volte lo faccio.
E’ più roba da filosofi, logisticamente non mi conviene pensarci troppo.
Logisticamente c’ho sempre messo un telo davanti.

Sai a cosa servono le stelle?! Servono a distrarci. Guardiamo le stelle, ci facciamo mille stucchevoli domande, anche molto poetiche. Così evitiamo di perderci nel vuoto dell’universo. Quando alziamo gli occhi.
È la voce di lui. Lei non sta ascoltando.

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