sabato 8 gennaio 2011

L'eclissi

E gli occhi chiusi calati sulle palpebre scure liberarono immagini decisamente più nitide dei comuni pensieri, erano città osservate da un metro di distanza, balconi e navi, e quasi i colori, decidere dove spostarsi e cosa guardare, di solito non c’è mai nulla, si muove tutto a un livello di astrazione più alto. penso a un oggetto, una bottiglia, e lo percepisco in testa, ma non lo vedo realmente. e quella notte, al termine della notte, avevo visto talmente tanto, che forse non avevo più gran bisogno di guardare, come ripetersi la melodia di un’opera classica in testa dopo un’ora di ascolto, scoprirsi in grado di gestire la partitura di un certo numero di strumenti, ricercare quelle sensazioni di nuovo e spero che non siano episodi eccezionali, adesso non c’è niente, e non si sente niente.
il sole a forma di luna, riflesso nei palazzi e negli animali irrequieti e nascondersi fra le nuvole e riapparire nel bronzo-plastica delle pellicole fotografiche piegate in due che erano scarti di esposizioni sbagliate che erano luce dosata male e adesso filtri rudimentali per il sole arancio e spicchi nascosti, divorati lentamente e lentamente rilasciati, e succede così raramente che dovrebbero guardarlo tutti, bruciarsi di lacrime nella momentanea sopraffazione, invece di evitarne la vista, come accade di norma nel resto dei giorni.
E gli occhi chiusi sul primo treno dell’anno, sfiniti dalla prima notte, sprofondati nei sedili, le parole intorno degli altri sono come leggerne i pensieri di nascosto, i pensieri spossati e ovattati come la nebbia dei finestrini affacciati sull’erba e il bianco spento, che arrivano a confondersi coi sogni durati un attimo che arrivano ad interrompersi per colpa dei pensieri stessi, quando diventano troppo alti, quando diventano voci, e non solo flussi, raccolti, rubati dalle altre vite e immersi nella propria. Quadri impressionisti dell’alba che irrompe dalle nuvole incendiate, delle rive del fiume coi lampioni che affondano e si frammentano e  nuotano e si allontanano come correnti di colore che finisce per diluirsi nel blu, della folla sfocata che riempie fluida la piazza, e la ragazza di lato che pur essendoci immersa, si sente altrove, in un altro quadro, occhi francesi e qualche passo per allontanarsi e un giorno per scomparire.

l’anno vecchio è finito mentre abbracciavo una sconosciuta che non rivedrò mai più. mentre parlavo tutte le lingue eccetto la mia.