giovedì 12 agosto 2010

Non ho tempo di mettere un titolo



quando lei arrivò indossava un orecchino a forma di occhiali da sole
l'altro era un mattoncino della lego. lui che aveva capito abbassò lo sguardo
giusto un paio di giorni. i suoi capelli erano cresciuti ma era stato l'unico ad accorgersene
ricordava il giorno in cui le avevano rubato il naso, una zia di secondo grado
con la disinvoltura maldestra di un cameriere dopo il primo giorno di paga
lei non aveva versato una lacrima ma da allora, prima di dormire
contava i nei sulle sue guance per impedire al suo viso di cambiare ancora
seduto sul bordo del letto sembrava domandare alle sue scarpe "cosa stiamo cercando"
e usava le stesse vecchie parole limitandosi a dar loro un significato diverso
risalendo nell'acqua gelida con una mano si teneva il naso
con l'altra aspettava di toccare la superficie, si ricordò di quando lei gli aveva insegnato
che esistono diverse sfumature del nero, che in fondo corrispondono a diversi modi di guardarlo
lui prima pensava che il nero fosse assenza di sfumature, allora lasciò che la sveglia suonasse
riempendo l'aria di irritazione confusa. quel giorno non si sarebbe riaddormentato
nell'ultima scena del film la serranda abbasandosi sui presenti disegnava delle sbarre
le avrebbe chiesto se fosse stata una specie di metafora della condanna
lei lo sapeva.

1 commento:

Lorenzo ha detto...

Succede sempre. Non preoccuparti. Ci siamo abituati.