lunedì 23 agosto 2010

Regalare una matita a chi ne ha più bisogno di te


I film di Bertolucci perdono colore , è che il Technicolor è una via di mezzo fra l’arte del bianco e nero e la realtà. Mi sono ricordato che al cinema i passi si sentono molto più nitidamente, al cinema i passi hanno un suono particolare, il suono ti cammina sulla sedia, le scalinate hanno luci blu, come l’appartamento acceso al quinto piano. Sarebbe bello forse, che i condomini fossero in qualche modo comunità, mini-villaggi, in due anni ci sono persone che ancora non ho mai incontrato. In questo momento magari dormono proprio sotto di me. Hanno appena cambiato braccio sotto al cuscino. Forse è pure autodifesa, come quando si dice “non ti fidanzare con una compagna di classe che poi devi vedertela tutti i giorni anche se rompete”, forse siamo condannati alla distanza, vivere così vicini con coscienza dell’altro ci distruggerebbe, quindi chiusura pressoché totale. Disillusione. E’ che mi piacerebbe citofonare alla vicina per il sale. invece dagli ingressi, rimasti aperti per disattenzione appare sempre lo stesso termosifone con mensola porta telefono, o un quadro.

Suonano solo i venditori, io li osservo dal videocitofono mentre tentano di approcciare col primo che gli apra il portone, un giorno hanno bussato, due ragazzi



- scusate sono in accappatoio
- non è un problema abbiamo delle offerte troppo vantaggiose
- allora li ho fatti entrare, solo per cortesia, gli preparo the aromatizzato
- lei telefona molto?
- veramente è un periodo un po’ di isolamento, preferirei non vedere gente
- allora guardi c’è questo piano telefonico per cui meno telefona, più si autoricarica, ha presente la pubblicità del tizio depresso disteso sul letto, che però riceve ogni giorno 5 euro di traffico bonus e quando gli arriva il messaggio di accredito è felice, vorrebbe chiamare il suo migliore amico, però così facendo ha paura di perdere il bonus del giorno successivo, allora come l’asino di nonmiricordochi disperato si tormenta nella frustrazione e finisce per darsi al cibo (segue pubblicità ammiccante di Actimel)
- no sa, in realtà non vedo molta televisione ultimamente, e poi sinceramente mi secca che le uniche persone del palazzo che mi cercano, lo facciano per propinarmi qualcosa da comprare, non vi sembra un po’ invasivo piombare sulle porte, di sconosciuti, vederne l’ingresso DA VICINO, magari se si è fortunati anche un pezzetto di cucina.

Dovrebbe funzionare come per la nostra interiorità: uno spazio aperto a tutti, libero e condiviso. Un altro spazio chiuso dedicato solo a se stessi.È che forse è una trovata commerciale, averci il proprio mondo tutto dentro lo stesso palazzo, ridurrebbe le spese, gli spostamenti, gli acquisti, allora il dio della discordia una volta intascato il suo assegno da una lobby molto potente finì per separare quello che un muro di cartongesso semplicemente poteva solo ovattare.
A notte inoltrata davanti alla luce blu del quinto piano c’era una sagoma affacciata, chissà che strane idee si sarà fatto dopo tutte le volte che sono ritornato in macchina. Ogni volta mi dimenticavo qualcosa. Chissà che strana idea mi sarò fatto io a vederlo a quell’ora, della notte, con quella sagoma scura. In un'altra vita c’avrei scambiato qualche parola, avremo fatto dei discorsi esistenziali, parlato dell’insonnia, e del dormire troppo.

Una ragazza polacca ha preso tutti i miei fogli bianchi, però ha promesso che un giorno mi farà un ritratto.

venerdì 20 agosto 2010

Svuotare i cassetti per combattere la polvere



Il commesso del locale notturno era senza voce,  signori una matita ce l’avete? non mi risulta che abbiate l’esigenza di sedervi e andar via, questo è il sistema, degli alberi lontani intonano l’aria del minatore, le novità, “eccole” il giornale è steso sul tavolo, capovolto. Alle lampadine fulminate è concesso qualche secondo di esplosione controllata prima di congedarsi, noi poi rimaniamo indecisi sulla giusta posizione dell’interruttore nell’impossibilità di valutare un’azione fino al momento in cui non si verifichi una qualche reazione. All’ultima bottiglia raccontava di aver conosciuto persone che si nutrivano solo di cibo non cotto, popolazioni che discorrevano utilizzando esclusivamente proposizioni semplici scandite da silenzi sincronizzati, tipi bizzarri capaci di innamorarsi solo di chi gli passava davanti e altri capaci di  scrivere solo quando si trovavano una penna in mano. “Se si ignora l’oggetto della ricerca ogni azione rimane fine a se stessa, ogni identità si perde nella propria doverosa idiozia”  il sudore e la forza di volontà un bel giorno decisero di prendersela con l’insoddisfazione, semplicemente per trovare un nemico comune e infine incendiarono nell’indifferenza al termine di quella giornata spesso inutile, trascorsa a fronteggiare lo sporco e l’inerzia, di sedia in sedia, di torpore in vuoto, chiudersi in un barattolo dipinto con un ricordo d’infanzia in modo che donandolo si condivida la propria essenza. Questo locale è adibito alla lettura distratta, noi ci teniamo i ventilatori spenti per ascoltare i discorsi dei terrazzi mentre ci passiamo il pollice avanti e indietro sulle labbra per supplicare la mancanza di un contatto, per condannare l’ambiguità della distanza. La prossima volta quando trovi una freccia, invece di seguirla cancellala, il ruolo di certe indicazioni precise non è stato ancora comprovato dai migliori dermatologi. C’è un processo sociale per cui quando uno trova qualcosa che sembra andar bene per se, allora pretende che vada bene anche agli altri. Tenetevi i vostri amati pantaloni a tre quarti, se e quando vorrò troverò un modo per tagliarli, e saranno della mia misura, non tutti hanno le caviglie adatte, io per esempio uso gli occhiali da sole solamente per guidare perché mi mancano le mattine dei risvegli, a correre di fuori con gli occhi impastati, negli attimi in cui ci si abitua alla luce e tutto è sottoesposto. La profondità va coltivata in silenzio,di notte, magari un giorno poi inviti qualcuno a scendere, quando il rischio frane è sotto-controllo, magari gli fai indossare un paio d’occhiali da sole, per protezione, per la TUA protezione, i muri fatti solo da sassi grandi non reggono, in mezzo devi farci scivolare i pezzi più piccoli, niente cemento, i muri sono pregiudizi momentanei. Chi ha detto che stava cercando? Potrebbe sottolineare il suo nome sull’elenco telefonico così sarà più semplice ritrovarsi alla fine della chiamata? È inutile che soffi sulle margherite, i petali non volano via, forse un paio, per compiacenza, contali.

lunedì 16 agosto 2010

L'importanza di dedicare le proprie parole a uno sceneggiatore



ti ho conosciuta un giorno che la porta era chiusa male, scale a dirimpetto a scivolare in alto, verso una soffita dalla luce incondominialmente accesa a un'ora improponibile del buio, noi freschi d'ignoranza circondavamo i nostri discorsi con intercalari lunghi più di tutti i concetti sensati ed espressi. un giorno ci alzeremo e sarà tutto incontrollabile, srotoleremo le serrande per svegliarci all'alba, le faremo a pezzi, che non si alzino più in piedi, relegate in un angolo a ricordarci inusuali il nostro antico bisogno di oblio, un giorno ci alzeremo accompagnati dalle parole di una poesia del risveglio,splendida e nuova, ripeterla come un mantra di buoni propositi e di prese di posizione, assunzioni di coscenza piena e risoluta, tutto questo prima dell'inizio, generatrice  e complice delle menti che impunemente cancellano o sfogliano le pagine troppo velocemente. un giorno correremo fra i quadri di un museo immenso, in una scia di immagini prive di alcuna elaborazione, solo per rivivere una sfida iniziata qualche anno prima in un film, con le risate a distruggere il senso di inadeguatezza e i lacci stretti a dimenticare qualche paura. sei come conoscere un film dai titoli di coda e poi nascondersi dietro qualche tenda rossa per sfuggire ai guardiani con le torce e i rimasugli di biglietti obliterati nelle tasche ad aspettare la proiezione successiva e finalmente occupare un posto a caso e assisterla dal principio. come sfogliare un libro e soffermarsi a leggere solo le note a pie di pagina, o gli appunti a matita di chi lo possedeva prima di te. 
il segreto della velocità ci rende padroni del tempo, svincolati dal peso delle occasioni perse e dalle altre scatole piene lettere accartocciate e poi riscritte in bella copia, non metterò a posto i cassetti, non oggi. non scriverò un apologia della noia, come sintomo, sincope e dannazione, qualche riga su un post-it giallo per rimandarla al giorno in cui sarò più interessante. Il senso di serenità dato dal rimandare forse è solo un appiglio come un altro, un'impostura, una trappola.

giovedì 12 agosto 2010

Non ho tempo di mettere un titolo



quando lei arrivò indossava un orecchino a forma di occhiali da sole
l'altro era un mattoncino della lego. lui che aveva capito abbassò lo sguardo
giusto un paio di giorni. i suoi capelli erano cresciuti ma era stato l'unico ad accorgersene
ricordava il giorno in cui le avevano rubato il naso, una zia di secondo grado
con la disinvoltura maldestra di un cameriere dopo il primo giorno di paga
lei non aveva versato una lacrima ma da allora, prima di dormire
contava i nei sulle sue guance per impedire al suo viso di cambiare ancora
seduto sul bordo del letto sembrava domandare alle sue scarpe "cosa stiamo cercando"
e usava le stesse vecchie parole limitandosi a dar loro un significato diverso
risalendo nell'acqua gelida con una mano si teneva il naso
con l'altra aspettava di toccare la superficie, si ricordò di quando lei gli aveva insegnato
che esistono diverse sfumature del nero, che in fondo corrispondono a diversi modi di guardarlo
lui prima pensava che il nero fosse assenza di sfumature, allora lasciò che la sveglia suonasse
riempendo l'aria di irritazione confusa. quel giorno non si sarebbe riaddormentato
nell'ultima scena del film la serranda abbasandosi sui presenti disegnava delle sbarre
le avrebbe chiesto se fosse stata una specie di metafora della condanna
lei lo sapeva.